Il progetto Gravidanze e Nascite senza violenza è nato da qui, è stato elaborato nella consapevolezza della grande responsabilità che hanno gli operatori del “Percorso Nascita” nel fare emergere, prevenire e contrastare le varie forme di violenza di genere nel periodo perinatale.

Se è vero, infatti, che la violenza perinatale è più difficile da “disvelare”, di contro la gravidanza rappresenta una grande opportunità per intercettarla poiché

    • la quasi totalità delle donne gravide riceve cure perinatali con continuità;
    • è facile che si instauri un rapporto di fiducia tra la donna e gli operatori sanitari di riferimento;
    • è alta la motivazione della donna rispetto all’essere una brava madre e a proteggere il bambino.

Non sfruttare questa opportunità e ‘non vedere’ rappresenta una forma di collusione secondo le parole di Sheila Kitzinger: “Silent is collusion”.[1]

Il progetto ha ricevuto un finanziamento da IntesaSanPaolo e da Banca d’Italia ed è stato attuato a Roma, da novembre 2018 a novembre 2020, dall’associazione Il Melograno Centro Informazione Maternità e Nascita in sinergia con l’Istituto Superiore di Sanità, l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, il Policlinico Casilino, l’Azienda ASL Roma 2.

Il progetto ha inteso accendere un riflettore sulla violenza subita in varie forme (fisica, sessuale, psicologica, economica) da una donna durante la gravidanza e nei primi periodi dopo la nascita del bambino oppure in periodi precedenti della propria vita con vissuti o problematiche che si riattivano e si complicano durante l’attesa di un figlio.

Le azioni sono state pensate sulla base delle Linee Guida,[2] [3] [4] [5] che raccomandano di privilegiare:

    • la formazione e la sensibilizzazione degli operatori;
    • il lavoro multidisciplinare e di rete;
    • un’attenzione particolare alla prima accoglienza, alle modalità con cui la donna viene a contatto con i servizi sanitari;
    • l’indicazione di procedure standardizzate/protocolli per la rilevazione dei segnali indicatori di violenza;
    • l’attivazione di percorsi di sostegno personalizzati.

Si è operato su due direttrici: la prima ha riguardato lo studio e la sperimentazione di adeguate metodologie e specifici strumenti in grado di individuare precocemente donne in gravidanza su cui è o è stata esercitata violenza, per offrire loro un percorso integrato di supporto e protezione; la seconda ha riguardato la sensibilizzazione sulla tematica, attraverso la diffusione dei risultati ottenuti.

[1] Kitzinger S. Sheila Kitziger’s letter from Europe: silent is collusion, in Birth Issues in perinatal care, Berkeley, Calif. 29 settembre 2002 (3) 207-209
[2] AOGOI Linee Guida contro la violenza alle donne in http://www.aogoi.itaogoi@aogoi.it
[3] Weiss R. E., Domestic Violence in Pregnancy in http://pregnancy.about.com
[4] Presidenza del Consiglio dei Ministri Piano strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020
[5] NHS (National Institute for Health and Care Excellence) Antenatal care for pregnancy 2008

I Partner

Il Progetto Gravidanze e Nascite senza violenza è stato ideato e realizzato dall’associazione Il Melograno Centro Informazione Maternità e Nascita di Roma, in sinergia con i seguenti partner:

 

IssIstituto Superiore di Sanità

https://www.iss.it/

Gli accordi formali con l’Istituto Superiore di Sanità hanno previsto il coinvolgimento della dott.ssa Eloise Longo, antropologa del Dipartimento Neuroscienze e responsabile dell’Unità operativa del progetto REVAMP, con il ruolo di supervisione scientifica dell’intero progetto e di docenza nell’attività di formazione iniziale. La dott.ssa Longo è stata affiancata nel suo ruolo, in particolare per l’attività di formazione, dalla dott.ssa Anna De Santi, sociologa dello stesso Dipartimento.

 

Azienda ospedaliera San Giovanni AddolorataAzienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata – Roma

https://www.hsangiovanni.roma.it/

Nell’ambito del progetto la struttura ha partecipato con un’équipe di cinque operatrici, una ginecologa e quattro ostetriche dell’U.O.C. Ostetricia e Ginecologia, alle diverse azioni del Tavolo di lavoro, attuando, in particolare, la sperimentazione programmata.

 

Policlinico CasilinoPoliclinico Casilino – Roma

https://www.policlinicocasilino.it/

Nell’ambito del progetto la struttura ha partecipato con un’équipe di sei operatrici, una psicologa, una ginecologa e tre ostetriche dell’U.O.C. Ostetricia e Ginecologia, alle diverse azioni del Tavolo di lavoro, attuando, in particolare, la sperimentazione programmata.

 

Asl Roma 2ASL ROMA 2 – U.O.C. Tutela Salute Donna ed Età Evolutiva – Area ostetrica

https://www.aslroma2.it/  

Nell’ambito del progetto la struttura ha partecipato con un’équipe di cinque ostetriche, che operano nei  consultori Pietralata, Canepiglie, Condottieri e Monza, alle diverse azioni del Tavolo di lavoro, attuando, in particolare, la sperimentazione programmata.

Finalità e obiettivi perseguiti

Il progetto ha inteso promuovere un processo di sensibilizzazione sociale a cascata finalizzato ad accrescere l’attenzione sulle diverse forme di violenza perinatale, favorirne l’emersione, prevenire e contrastare i gravi danni che genera sulla salute fisica e psichica delle donne e dei loro figli.

Sono stati perseguiti i seguenti obiettivi:

  1. Accrescere e rafforzare negli operatori del settore materno-infantile la capacità di
    • individuare precocemente le donne vittime di violenza perinatale attraverso specifici strumenti e metodologie
    • promuovere una maggior consapevolezza nelle donne vittime rispetto al bisogno inespresso di aiuto
    • offrire efficaci percorsi di sostegno che garantiscano protezione rispetto agli esiti negativi della violenza sulle donne stesse, sui loro figli e sulla relazione genitoriale
  2. Ampliare l’integrazione e la messa in rete di operatori, strutture e servizi che si occupano di violenza e maltrattamento alle donne nel periodo perinatale

Formazione

L’art.15 della Convenzione di Istanbul e di conseguenza anche tutti i Piani strategici nazionali sulla violenza maschile contro le donne indicano chiaramente la formazione degli operatori che si occupano in vario modo di violenza di genere come attività basilare per la prevenzione e l’individuazione di ogni forma di violenza.

Per questo la prima azione del progetto è stata dedicata, come previsto nel progetto, a formare tutto il gruppo delle operatrici allo scopo di:

    • accrescere le loro conoscenze in merito alla tematica;
    • elaborare i vissuti che il tema suscita a livello personale e professionale;
    • facilitare il superamento delle barriere che ostacolano l’intercettazione delle donne vittime di violenza perinatale;
    • far acquisire la necessaria padronanza nell’utilizzare gli strumenti scelto per la sperimentazione con le procedure individuate.

 

Formazione iniziale

Con il contributo rilevante dell’I.S.S. è stato messo a punto il Piano formativo definendo gli obiettivi di ciascuna sessione, il programma con l’articolazione dei contenuti e la scelta delle metodologie, anche sulla base del Modello formativo IMPLEMENT sulla violenza di genere per operatori sanitari.

Nei mesi di marzo, aprile a maggio 2019 si sono svolti 5 incontri per una durata complessiva di 30 ore, in cui si sono alternate diverse sessioni di lavoro:

    • lezioni frontali sui vari aspetti della tematica, di approfondimento della letteratura e di presentazione di esperienze realizzate in Italia e in altri paesi europei;
    • coinvolgimento attivo delle partecipanti rispetto ai vissuti e alle problematiche che il tema suscita a livello personale e professionale, con una particolare attenzione ai pregiudizi e agli stereotipi;
    • presentazione degli strumenti elaborati per la successiva sperimentazione;
    • simulazioni mirate al rafforzamento delle capacità di conduzione di colloqui di screening.

 

Formazione in itinere

Già in fase di elaborazione del piano formativo si era ipotizzato di mantenere un’attività di formazione lungo tutta la fase della sperimentazione e, in seguito all’esito dei primi incontri svolti, tale ipotesi si è concretizzata nella decisione di attivare incontri di formazione in itinere, al fine di poter supervisionare la principale attività di screening avviata nelle strutture, rafforzare le competenze necessarie a gestire le difficoltà di un lavoro complesso e contenere l’intenso e inevitabile coinvolgimento emotivo delle singole operatrici.

Per questa attività si è deciso di avvalersi anche dell’esperienza di due operatrici della cooperativa sociale Be Free, che dal 2007 gestisce nella Regione Lazio sportelli, centri antiviolenza e case rifugio per vittime di violenza e di tratta. Questa collaborazione, rivelatasi da subito molto positiva, ha facilitato anche la costruzione del percorso di supporto per alcune delle donne prese in carico.

Da giugno 2019 a luglio 2020 si sono svolti 7 incontri di 4 ore (di cui uno on-line a seguito delle disposizioni ministeriali legate alla pandemia di Covid19), strutturati in due parti:

  1. un primo momento centrato sulla comunicazione, da parte di una rappresentante di ciascuna struttura, di feedback relativi all’andamento della sperimentazione: osservazioni sintetiche sullo svolgimento, eventuali criticità di tipo organizzativo e/o relative alle procedure;
  2. un secondo momento centrato sull’analisi approfondita di un colloquio di screening, particolarmente problematico o significativo, attraverso:
    • la presentazione del colloquio da parte dell’operatrice che l’ha effettuato;
    • la narrazione il più dettagliata possibile del suo svolgimento;
    • l’esposizione degli aspetti emotivi suscitati nell’operatrice e le difficoltà incontrate;
    • simulazione del colloquio, in alcuni casi;
    • discussione di gruppo guidata dalle conduttrici dell’incontro e condivisione di impressioni, osservazioni, riflessioni, suggerimenti;
    • rilettura da parte dell’operatrice della situazione presentata alla luce degli spunti offerti dal gruppo.

 

L’ultimo incontro è stato interamente dedicato al confronto sull’esperienza svolta, rileggendo insieme il percorso fatto in tanti mesi di lavoro e come ognuna l’avesse vissuto in termini personali, di gruppo e di struttura. Il confronto si è svolto prima in piccoli gruppi e successivamente in plenaria ed è stato stimolato da una traccia scritta con una serie di domande.

Non è stato solo un incontro di conclusione ma ha aperto anche la possibilità di pensare una nuova co-progettazione in quanto è risultata evidente la costituzione di un gruppo che ha lavorato unito e “ha prodotto un pensiero comune generatore di nuovi pensieri” come ha sottolineato una conduttrice.

Sperimentazione

In fase iniziale si è lavorato per costituire un Tavolo di lavoro multidisciplinare, formato da operatori delle strutture partner del progetto:

  • 1 ginecologa e 4 ostetriche dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata;
  • 3 ostetriche, 2 ginecologhe e 1 psicologa del Policlinico Casilino;
  • 5 ostetriche dei consultori dell’ASL RM2;
  • 1 ostetrica e 3 psicologhe dell’associazione Il Melograno.

Al Tavolo hanno partecipato, inoltre, la responsabile del progetto, le due coordinatrici interne delle attività del progetto e le referenti dell’I.S.S., con funzioni diversificate di gestione.

Il primo lavoro del Tavolo è stato dedicato a mettere a punto gli strumenti, diversificati a seconda dei vari contesti, da utilizzare per la fase di sperimentazione.

In particolare, alla luce di un’importante indicazione di letteratura secondo la quale il periodo perinatale è una delle condizioni in cui è preferibile ed efficace effettuare ‘screening universali’ rispetto a ‘indagini mirate su casi singoli’,[1] [2] si è scelto di avviare un primo studio conoscitivo sull’applicabilità di uno screening per la rilevazione della violenza perinatale.

Per la costruzione dello strumento di screening e delle procedure per applicarlo  è stato preso come riferimento il programma dell’Azienda AUSL di Modena di contrasto alla violenza domestica in gravidanza realizzato nei consultori dal 2012, approfondendo sia la documentazione scientifica che ha motivato l’esperienza sia le modalità concrete con cui è stata realizzata, i punti di forza e soprattutto le criticità rilevate nel corso del tempo.

Lo strumento di screening messo a punto è risultato composto da:

  • 5 domande dell’Abuse Assessment Screen[3] (nella versione italiana utilizzata nei consultori di Modena) riguardanti l’aver subito, nell’ultimo anno e in gravidanza, violenza fisica, psicologica o sessuale da parte del partner o di altri familiari;
  • altre 3 domande riguardanti:
    • l’aver subito abusi sessuali in età pregressa
    • la condivisione con il partner della scelta di intraprendere la gravidanza
    • gli eventuali accessi al Pronto Soccorso nell’ultimo anno

Al questionario è stata allegata una scheda con l’elenco degli indicatori di sospetto correlati alla violenza domestica perinatale, rilevabili nella raccolta di dati anagrafici e anamnestici e nell’osservazione diretta durante il colloquio di screening.

Sono state, inoltre, definite dettagliatamente le procedure per applicare lo screening, nonché uno schema articolato con le diverse azioni da mettere in atto, a seconda degli esiti.

Contemporaneamente sono state definite altre due attività di sperimentazione di metodologie che favoriscono la rilevazione della violenza perinatale:

  • un’attività di screening attraverso un questionario autocompilato dalle donne e restituito compilato in forma anonima;
  • uno studio per analizzare quanto gli interventi di sostegno di home visiting[4] realizzati dall’associazione Il Melograno con la peculiare metodologia elaborata e validata da più di 20 anni, possano essere considerato uno strumento facilitante l’emersione della violenza domestica perinatale.

La prima attività di screening è stata realizzata nei due ospedali partner e in quattro consultori, da giugno 2019 a luglio 2020, mentre la seconda è stata realizzata presso il reparto di ostetricia dell’ospedale San Giovanni e presso Il Melograno, da ottobre 2019 a febbraio 2020.

A tutte le donne coinvolte nelle diverse attività volte a favorire la rivelazione della violenza sono stati distribuiti materiali informativi elaborati con il duplice scopo sia di suscitare attenzione sulla violenza perinatale e sui danni che produce, sia di informare con precisi riferimenti sui servizi a cui rivolgersi per ricevere un aiuto.

Alle donne risultate vittime di violenza perinatale nelle diverse attività di rilevazione approntate, sono stati offerti specifici percorsi di sostegno sia per l’uscita dal circuito della violenza, sia per il supporto alla maternità, nella convinzione che siano fondamentali entrambe le dimensioni. Nel supportare una donna vittima di violenza perinatale, infatti, non si può dimenticare che è anche una donna che sta diventando madre e ha bisogno di una serie di aiuti che supportino lo sviluppo delle sue competenze e favoriscano lo strutturarsi di un legame di attaccamento sicuro con il figlio.

Nel corso del progetto sono stati pertanto offerti alle donne vittime:

  • interventi di home visiting con la specifica metodologia messa a punto e validata dal Melograno, particolarmente efficace nell’accrescere l’autostima, l’empowerment, la sensibilità e la capacità delle madri di entrare in rapporto sintonico con il figlio, risorse fondamentali nel percorso di uscita dalla violenza e importanti fattori protettivi rispetto alla prevenzione di trascuratezza e maltrattamento infantile;
  • Interventi dedicati al Baby massage, in cui sono state proposte alle mamme modalità di contatto piacevole e comunicazione profonda con il bambino, utili a trasmettere sicurezza, tranquillità, affetto e benessere, particolarmente significative e ‘riparative’ per le donne che hanno subito violenza fisica o abusi sessuali pregressi.
  • Interventi individuali o in gruppo di sostegno all’allattamento anch’essi rivolti in misura preponderante alle donne vittime di violenza fisica o di abusi sessuali pregressi, ma anche alle donne vittime di violenza psicologica e quindi con bassa autostima e insicurezza nel ruolo di madre; l’allattamento al seno, infatti, oltre agli innumerevoli benefici che apporta alla salute di mamma e bambino, rafforza nella donna una positiva immagine di sé come madre e facilita il mantenimento di un buon contatto pelle-a-pelle con il bambino e una relazione di attaccamento sicuro, rappresentando anche un fattore di protezione contro il maltrattamento e la trascuratezza.
  • Gruppi di supporto tra donne in gravidanza o nel puerperio per promuovere e facilitare la condivisione di esperienze e storie di vita, in un clima emotivo rassicurante e accogliente, al riparo dall’ansia di essere giudicate; il contesto protettivo del gruppo e la presenza di una conduttrice esperta permette alle donne vittime di violenza la condivisione degli inevitabili sentimenti di ambivalenza nei confronti del bambino, la tolleranza dei sensi di colpa connessi e la loro elaborazione; nello stesso tempo permette di ricevere appoggio nel mobilitare le proprie risorse nella relazione unica e particolare con il proprio bambino e sentirsi gradualmente una madre più adeguata.

 

Per approfondire scarica il Report

 


 

[1] WHO (2013), Responding to intimate partner violence and sexual violence against women: WHO Clinical and policy guidelines. (WHO 2013)
[2] UNFPA-WAVE, (“Strengthening Health System Responses to Gender-based Violence in Eastern Europe and Central Asia” (2014), p. 67
[3] Basile KC, Hertz MF, Back SE. Intimate Partner Violence and Sexual Violence Victimization Assessment Instruments for Use in Healthcare Settings:Version 1. Atlanta (GA): Centers for Disease Control and Prevention, National Center for Injury Prevention and Control; 2007.
[4] L’home visiting è uno strumento operativo per accompagnare e sostenere la genitorialità fragile attraverso la costruzione di una relazione di aiuto. I contenuti e i metodi dell’HV secondo i criteri presentati dall’OMS (2006) prevedono un’azione sistematica centrata sul sostegno precoce al/ai genitore/i e al loro disagio, soprattutto quello connesso agli intrecci traumatici generati dall’esperienza parentale con le esperienze sfavorevoli subite nella loro infanzia. Si tratta di organizzare visite domiciliari – costruendo un’alleanza con i genitori – nei primi mesi di vita del bambino da parte di personale che inizialmente può anche essere sanitario, possibilmente la stessa assistente sanitaria conosciuta in ospedale, per poi essere sostituita da un operatore professionale preparato specificamente per questo servizio. Le ricerche evidenziano come i programmi di HV riducono i rischi di maltrattamento e promuovono le risorse genitoriali.” in CISMAI (2017) Linee Guida per gli interventi di home visiting nella prevenzione del maltrattamento all’infanzia https://cismai.it/download/linee-guida-home-visiting/

Risultati ottenuti

Tutta l’attività del progetto è stata puntualmente monitorata attraverso una serie di strumenti di valutazione in itinere.

Anche la valutazione dei risultati è stata effettuata con specifici strumenti, relativamente alle tre aree del progetto, ovvero la formazione, la sperimentazione e la diffusione del progetto.

L’attività di formazione ha raggiunto il risultato previsto di costituire un team di operatrici di strutture sanitarie che si occupano di maternità, altamente motivate e in grado, per acquisite conoscenze e capacità, di avviare la fase di sperimentazione prevista.

Tale risultato è stato garantito dai contenuti e dalle metodologie della formazione iniziale e in itinere che ha fornito alle operatrici:

  • conoscenze e approfondimenti sui vari aspetti della tematica;
  • un supporto continuativo rispetto all’elaborazione dei vissuti emotivi suscitati dal venire in contatto con la violenza di genere;
  • un set preciso di procedure, materiali e strumenti sia per l’attività di screening sia per le azioni da mettere in atto in base agli esiti;
  • la possibilità di acquisire preliminarmente, attraverso prove e simulazioni, dimestichezza nell’applicare strumenti e procedure.

L’attività di sperimentazione ha perseguito gli obiettivi prefissati e ha raggiunto i risultati attesi, in quanto:

  • sono state elaborate, sperimentate e analizzate tre diverse tipologie di strumenti metodologici per l’individuazione/rivelazione/intercettazione delle diverse forme di violenza perinatale;
  • attraverso tali strumenti/metodologie è stato sensibilizzato sulla tematica un numero di donne più elevato di quanto atteso ed è stato individuato un numero di donne ‘positive’ anch’esso nettamente superiore al previsto;
  • le procedure approntate hanno permesso di proporre, a ogni donna risultata vittima di una o più forme di violenza perinatale, uno specifico e concreto percorso di supporto e di aiuto per l’uscita dal circuito della violenza e di sostegno per la maternità.

La fase di diffusione del progetto e di sensibilizzazione rispetto alla tematica della violenza perinatale, ha prodotto, come risultato, l’elaborazione e la pubblicazione di un Report esplicativo del progetto e un documento, ricavato dalla sperimentazione effettuata, contenente Indicazioni per l’applicazione di ‘buone prassi’ per la rilevazione e il contrasto della violenza perinatale.

 

Per approfondire scarica il Report

Testimonianze